È di qualche settimana fa il cortometraggio a favore dell’assistenza domiciliare delle persone con disabilità girato e divulgato online dai promotori dell’iniziativa “Liberi di Fare”. Denso di significato, esso vuole invitare gli italiani alla riflessione; nella speranza che essi possano comprendere come cambia radicalmente la vita di un anziano, o anche di persona diversamente abile, bisognoso di assistenza, quando tale assistenza non può più permettersi di riceverla a casa propria, quando, cioè, i fondi per pagarla vengono a mancare. In questi momenti, specie per coloro i quali necessitano di assistenza ventiquattro ore al giorno e, magari, non possono più riceverla da un proprio familiare per svariati motivi, il destino sembra essere segnato: la loro unica alternativa è rimasta la casa di riposo o istituto di cura. Nessuno di noi vuole in alcun modo dubitare che, nonostante tutte le aberranti notizie che spesso si sentono al telegiornale o si leggono sui quotidiani su ciò che può accadere in questi luoghi, ne esistano alcuni gestiti da persone qualificate, altruiste e coscienziose che hanno a cuore i bisogni degli anziani e dei disabili e fanno di tutto per soddisfarli e dedicare, con grande fatica ed impegno, a ciascuno di loro tutto il tempo possibile. Tuttavia, per ciascuno di questi operatori che lavorano su turni, ad un certo punto arriverà il momento in cui potranno prendere la propria auto e tornarsene a casa, in tutta libertà, mentre il paziente resterà lì, assistito dal collega successivo.
PRIGIONIERO? Sì! Prigioniero del proprio destino, della propria malattia, colpevole di non saper fare da solo le azioni quotidiane più elementari e di non essere nato talmente ricco da potersi permettere, con fondi propri, l’assistenza domiciliare in casa propria a vita. Essere in istituto significa essere in una sorta di gabbia, lasciar scegliere agli altri quando è il momento di farti una doccia, perché non ci sei solo tu; avere degli spazi limitati, dover sempre condividere, mangiare ciò che gli altri scelgono per te, ad orari imposti; non poter fumare, non potere uscire per andare a fare shopping o al cinema a vedere un nuovo film! Aspettare, con ansia, soltanto qualche noiosissima gitarella collettiva come unico diversivo possibile. Significa non essere più padroni del proprio tempo, della propria vita. Significa rinuncia ed accettazione passiva. Significa vivere morendo un pò ogni giorno.
Allora perché accade questo? Perché nessuno pensa a quanto sia assurdo, brutto e triste tutto questo? Perché nessuno pensa che qualsiasi essere umano ha diritto, almeno, a conservare la propria libertà? Perché lo Stato non si decide ancora a mettere in cima alla lista delle proprie priorità lo stanziamento dei fondi per la vita indipendente a casa propria? Forse, molto banalmente, semplicemente perché chi non avverte l’istituto come rischio concreto per sé stesso, vede il problema lontano e marginale o forse non lo vede affatto.
Se bastasse questo video a far smuovere almeno un paio di coscienze, saremmo già sulla strada giusta. Purtroppo, però, temo non sarà così. A noi cittadini disabili non rimane allora che parlarne sempre più, con insistenza, attraverso tutti i mezzi ed i canali possibili: prima o poi qualcuno di buon cuore aprirà occhi ed orecchie; o almeno è quello che speriamo.
Per chi volesse vedere il video questo è il link https://www.youtube.com/watch?v=S_H2HiYTiVs&feature=youtu.be&fbclid=IwAR20fSVBdv46jXe3USsN0RKXPzf6A9nUikcWKLfW3MJgWNTr6p0ChA6-lZ8
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