Comparando i 75-80enni di oggi e quelli di 30 anni fa emerge quanto ora ci sia un netto miglioramento sia fisico che mentale. Terza età più corta in favore della mezza età
Campiamo di più e il bello è che gli anni aggiunti rispetto ai nostri predecessori si piazzano nella mezza età, allungandone i tempi e il vigore. Non sono cioè gli ultimi anni di vita, i più disagiati, che si protraggono. Occorre allora che cambiamo nella nostra opinione il concetto di vecchiaia e guardiamo con altra considerazione alle età di 75 e 80 anni. Ad affermare questi aggiornamenti sui nostri cicli di vita è la professoressa Tania Rantanen, dell’Università di Jyväskylä in Finlandia, alla fine di un confronto, insieme a un gruppo di collaboratori, tra le persone di età 75-80 anni oggi e i loro “coetanei” di 30 anni fa, negli anni ’90. Lo studio è stato pubblicato sui Journals of Gerontology.
PIU’ FORZA, PIU’ SVELTEZZA E UN CORPO CRESCIUTO
Procedendo con le misurazioni all’interno della Facoltà di Sport e di Scienze della salute, hanno constatato che la forza muscolare, la sveltezza nel camminare, la rapidità delle reazioni, la facilità nel discorrere, il modo di ragionare così come la memoria di lavoro negli attuali 75-80enni sono significativamente molto migliori che negli anziani nati tanti anni prima. Soltanto nei test funzionali dei polmoni non si sono trovate differenze tra i due gruppi.
«Una maggiore attività fisica e l’aumento della dimensione del corpo spiegano il modo di camminare più svelto e la maggiore forza muscolare degli attuali anziani – osserva la dottoressa Kaisa Koivunen – mentre la maggiore ragione sottostante alle differenze nelle abilità cognitive dipende dagli studi più prolungati». Aggiunge il ricercatore Matti Munukka: «Il gruppo nato più tardi è cresciuto e è vissuto in un mondo diverso rispetto ai predecessori, in cui si sono verificati molti cambiamenti favorevoli. Il che include una migliore alimentazione, maggiore igiene, miglioramenti nel campo della salute e del sistema scolastico, un più facile accesso all’istruzione e una vita di lavoro migliore».
CAMBIARE IDEA SULLA VECCHIAIA
In più, possiamo aggiungere, gli attuali 75-80enni non hanno attraversato le tragedie della seconda guerra mondiale, che segnò le vite di chi era vecchio negli anni ’90 del Novecento. I risultati dello studio finlandese suggeriscono che l’aumentata aspettativa di vita va di pari passo con molti più anni da vivere in buone condizioni fisico-mentali nelle età finali. Riprende la professoressa Rantanen: «I risultati raggiunti dimostrano che noi abbiamo un’idea datata della vecchiaia. La maggior parte degli anni guadagnati si aggiungono a quelli della vita di mezzo e non molti all’estrema parte dell’esistenza. Tuttavia la vera vecchiaia arriva ad età sempre più alte. Le conseguenze alla fine sono due: un prolungamento degli anni in salute verso età più avanzate che in passato, ma anche l’aumento di persone davvero molto vecchie che non sono autosufficienti e richiedono cure esterne».
PIU’ DEBILITATI DA NOI GLI ULTIMI ANNI
«E’ uno studio confortante e plausibile. Ed è importante che il miglioramento sia globale: fisico e cognitivo – commenta il professor Raffaele Antonelli Incalzi, presidente della Società italiana di Geriatria e Gerontologia. – Fondamentale è la maggiore scolarità, poi gli stili di vita, le molte relazioni. Anche se compiuto in un paese così nordico come la Finlandia, diciamo pure che i risultati si possono generalizzare a tutto l’Occidente. C’è eterogeneità in Europa per quanto riguarda gli ultimi anni di vita. Vivono di più in Francia e Spagna, ma da noi sono di più gli anni di disabilità, di dipendenza». Continua il professor Antonelli Incalzi: «C’è poi il problema della pensione: col lavoro qui si passa dal tutto al nulla. Nei paesi scandinavi non si limitano a garantire un buon tenore di vita ai pensionati, ma a offrire forme flessibili di attività».
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